Molti fanno risalire l'origine della lavorazione a maglia a due o cinque ferri alla Grecia arcaica (D. Burnham, Coptic Knitting: an Ancient Technique, in "Textile History", 3 dicembre 1972, pp. 116-124) ma altri ritengono che la tecnica usata non fosse quella a maglia ma il "nalbinding" che prevedeva l'utilizzo di un ago e tutta una serie di nodi. Nel Cinquecento in Italia si afferma la lavorazione delle calze ad aghi che vanno a sostituire quelle "a taglio". La produzione di questo capo d'abbigliamento era prevalentemente destinata agli uomini e i centri di produzione erano Napoli e Mantova. Oggi è tornato molto di moda farsi calzini e babbucce a maglia per hobby mentre la produzione è ormai totalmente industriale. Fino a qualche decennio fa esistevano le "calzemaglia" destinate alle bambine che non sempre le apprezzavano perché pizzicavano! Nella parola "calzamaglia" era però contenuto tutto il significato storico dell'oggetto, cioè una calza in origine fatta a maglia con i ferri. Nel linguaggio corrente si usa anche l'espressione "fare la calza" come sinonimo di "lavorare a maglia" proprio perché l'utilizzo dei ferri anticamente era principalmente destinato alla produzione di questo capo d'abbigliamento.
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L'autrice, Andrea Carolina Bello Tocancipá, ha raccolto in questo studio, la testimonianza di alcune donne vittime di violenza all'interno del conflitto armato Colombiano. Quando le parole mancano, le mani parlano significa che attraverso il lavoro manuale tessile molte donne sono riuscite a dare voce al proprio dolore, resistere alla violenza, esprimere la rabbia, tenere vivo il ricordo della persona cara che non c'è più. La parte più toccante e coinvolgente è senz'altro quella delle testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle alcune delle esperienze traumatiche riportate nell'articolo. L'autrice parte dalla rilevazione che è sempre più diffusa l'idea che il lavoro manuale tessile possa apportare dei #benefici ed avere degli effetti terapeutici, e spinta da questa osservazione cerca di definire nei dettagli quali sono questi benefici, che cosa rappresenta il lavoro tessile, quali sono i significati che veicola. Riassiumiamo di seguito i quattro assunti principali identificati dallo studio: "...il #tessuto diventa un atto di denuncia attraverso il quale la ricerca di #giustizia diventa visibile.." "... gli spazi collettivi di #tessitura diventano dei luoghi dove è possibile la creazione di #legami basati sulla fiducia reciproca, dove si può parlare dei danni subiti e cercare di dar loro un senso." "Il lavoro manuale #tessile sviluppa un tipo di pensiero in cui ogni punto genera una riflessione attivamente passiva nella quale è possibile l'elaborazione emotiva." "Una volta terminato, il manufatto #tessile acquisisce una forza materiale in grado di raccontare i dolori vissuti, diventando quindi un archivio tessile che testimonia le esperienze vittimizzanti." Per gentile concessione dell'autrice, potete scaricare il testo completo dell'articolo, cliccando sul pdf che trovate in basso. ![]()
Lo scorso luglio abbiamo incontrato Eugenia Pinna nel suo atelier studio di Nule, nell’entroterra sardo della provincia di Sassari. In questo luogo silenzioso e appartato, Eugenia realizza a mano i suoi tappeti "pezzi unici" che affondano le radici nella tradizione sarda e si affacciano sulla contemporaneità del design moderno. I materiali utilizzati sono tutti locali: pura lana sarda tinta nei colori tradizionali e maestosi telai verticali sui quali vengono realizzati a mano i tappeti con la tecnica KILIM, sia l’ordito sia la trama sono di pura lana sarda. Eugenia Pinna ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande:
Cosa c’è della tradizione sarda e cosa c’è di nuovo nei tuoi tappeti? La Sardegna essendo una terra antica ha una ricchezza immensa in diversi settori. L’artigianato tessile è uno di questi, dove è massima la varietà dei manufatti e delle tecniche produttive. La tradizione del mio paese è nata con la produzione di manufatti d’uso domestico, principalmente coperte da letto molto decorate e tessuti usati per asciugare il grano al sole, meno ricchi di decori. Nei miei tappeti c’è il mio sguardo contemporaneo, la mia sensibilità cromatica e uno sguardo al mercato. Perché creare tappeti fatti a mano? Fatti a mano perché la tecnica non è riproducibile meccanicamente o industrialmente e la compattezza che li caratterizza è data dalla battitura manuale. Principalmente perché conservano e raccontano l’anima di una storia millenaria. Dove sogni di vedere i tuoi tappeti esposti? Sogno di vederli nelle gallerie più belle del mondo e nelle case di persone sensibili La sensibilità e l’autenticità di questa designer tessile si rispecchiano nei suoi manufatti dove la narrazione della sua terra antica e solidale si rinnova senza sosta per tutti coloro che amano cedere al fascino del suo mistero. |
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Aprile 2020
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